Sophie Eustache ambasciatrice in Europa
Jeanne Bresciani: direttore artistico
Rosemary Cooper, Lily Filippatos, Merrie Kidd, Raquelle Mintz, Laurie Mlodzik, Daniel Price, Deana Price, Ruth Rose Rae, Celeste Royo-Schottlan
L’Istituto Isadora Duncan è stato fondato nel 1977 da Maria Theresa Duncan, ultima figlia adottiva di Isadora, per preservare e trasmettere l’innovativa arte della mitica ballerina, pioniera e ispiratrice della danza moderna. E prosegue in questa missione sempre vitale grazie a Jeanne Bresciani, che coniuga le coreografie originali con i nuovi allestimenti, via via presentati in importanti teatri come il Lincoln Center, musei come il British museum e università come Harvard. Da dieci anni le produzioni vengono promosse in Italia da Sophie Eustache con location prestigiose come il museo Villa Pisani di Stra, il teatro di Vicenza e, a Venezia, i palazzi Labia, Pisani Moretta, Contarini Polignac, il Circolo dell’Unione e il Gritti.
Per la coreografia in scena il 4 Giugno, si è pensato di tornare alla primitiva originalità creativa della Duncan. Ovvero, trattandosi del primo spettacolo nel Castello di Riva, di introdurre la figura di Isadora e legarla sottilmente con questo centro culturale importante per l’arte: luogo di profonda suggestione, con la poesia del fiume e le sue antiche pietre che parlano col tempo.
Jeanne Bresciani è direttore artistico dell’Isadora Duncan International Institute, fondato da Maria-Theresa Duncan e Kay Bardsley nel 1977.
Interprete solista, coreografa, educatrice e studiosa di impareggiabile autorità su vita, opere e repertorio esecutivo di Isadora Duncan, s’è formata con Hortense Kooluris e Julia. Forgia capolavori coreografici basati sui grandi periodi dell’arte: dal classico al moderno. Risultati? Sintesi di musica e danza, antiche ed eterne, in modo modernamente eclettico ma estremamente raffinato.
Isadora Duncan lottò per una nuova idea di donna e lo fece ballando a pieni nudi, con abiti morbidi e capelli sciolti. Rivoluzionaria sul palcoscenico, dove dettò le nuove regole della danza moderna, fu tragicamente sfortunata nella vita privata.
Un’esistenza fatta di luci e ombre, degna di una pioniera di quell’arte che lei interpretava in maniera spontanea. In un’epoca in cui il balletto era ancora dominato dagli uomini e dalla rigidità, lei scelse di essere anticonformista e libera.
Nata nel 1877 in America, abbandonata presto dal padre e cresciuta in totale libertà dalla madre pianista, Isadora Duncan conobbe il successo nel 1900 in Europa, continente in cui scelse di vivere e dove restò vittima di un incidente. Come si narra nel volume dedicato alla Fondazione che oggi porta il suo nome e che si occupa di aiutare le ballerine a realizzare il loro sogno.
Accadde verso sera, il 14 settembre del 1927,
sulla Promenade des Anglais. Isadora si trovava a Nizza, dove si era ritirata dopo una serie di lutti e fallimenti. Le dicevano che era troppo grassa per danzare ancora; aveva iniziato a bere ed era sommersa di debiti. Non era di certo un periodo facile per lei, che aveva 50 anni e s’era lasciata alle spalle una luminosa carriera, ormai spenta. Il pilota Benoît Falchetto le offrì un passaggio sulla sua Bugatti. Nel congedarsi dagli amici dice «Je vais à l’amour» (Vado verso l’amore).
Forse pensava davvero di poter rinascere grazie a un nuovo amore, ma non ebbe il tempo di farlo. La lunga sciarpa di seta che aveva al collo si impigliò alla ruota dell’auto, strangolandola e facendo
calare il sipario sulla sua vita che tanto le aveva dato, ma che molto di più le aveva tolto. Il dolore più grande era stato la perdita dei figli. Nel 1913 i suoi due bambini, Deirdre di 7 anni e Patrick di 3, avuti rispettivamente dal regista teatrale Gordon Craig e dall’imprenditore Paris Singer, erano
annegati nella Senna assieme alla bambinaia. Una disgrazia che si sarebbe potuta evitare, se l’autista non avesse dimenticato di inserire il freno a mano, prima di scendere dall’auto. Per Isadora era stato terribile. Eleonora Duse, sua grande amica, aveva tentato di aiutarla a superare il lutto, presentandole un giovane scultore italiano, Romano Romanelli.
I due avranno un figlio nel 1914, ma che muore poco dopo la nascita, avvolgendo la ballerina in una spirale sempre più autodistruttiva. Nell’autobiografia, intitolata La mia vita, pubblicata postuma, Isadora racconta passioni, amori, amicizie famose, come quelle con Rodin, D’annunzio ed Eleonora Duse.
Con tutta la sua travolgente passione, proprio come aveva fatto ogni giorno della sua esistenza, ballando scalza e amando senza paura.